Facebook è da anni ormai che non è più un semplice social network, ma un’azienda con oltre 2 miliardi di persone registrate sulle proprie piattaforme ed è praticamente assimilabile a uno stato sovrano, con tutti gli annessi e connessi derivanti dal ruolo.
Conosciamo tutti gli scandali di varia portata del 2018, che spinsero Marck Zuckerberg ad ammettere che servisse un sistema di governance indipendente, capace di prendere decisioni su libertà di espressione e altri aspetti critici.
Zuckerberg ha scritto una lettera a proposito dell’istituzione della commissione in cui dice:
«Ogni settimana prendiamo milioni di decisioni sui contenuti degli utenti. Non penso che le aziende private come la nostra dovrebbero prendere da sole così tante decisioni su come le persone si esprimono».
Secondo lo statuto della commissione le sue decisioni saranno vincolanti per Facebook, e Zuckerberg ha sottolineato che le sentenze della commissione saranno rispettate anche quando lui stesso – che controlla l’azienda con una larga maggioranza – si troverà in disaccordo. Lo statuto però lascia molto spazio all’azienda per prendere decisioni in autonomia nel caso di raccomandazioni più generiche da parte della commissione.
Inizialmente la commissione di vigilanza sarà formata da 11 persone e successivamente potrà arrivare ad avere 40 membri in tutto il mondo; ognuno avrà un incarico della durata di tre anni, rinnovabile al massimo per tre volte. Per tutti, fare parte della commissione sarà un lavoro part time. I membri sono giornalisti, esperti di legge, difensori dei diritti individuali, professionisti di diversi ambiti e professori universitari. Nel comitato siedono, per esempio, la politica Tawakkol Karman, premio Nobel per la Pace nel 2011, l’ex direttore del Gurdian, Alan Rusbridger, che ha vinto il premio Pulitzer per il reportage sul caso Edward Snowden e molte altre personalità giuridiche e politiche internazionali, come l’ex primo ministro danese Helle Thorning-Schmidt, tra le quattro donne ai vertici del board. (qui la lista completa)

Il ruolo fondamentale di questa “corte” sarà dunque quello di prendere decisioni su alcune delle questioni più problematiche per la piattaforma, come i contenuti molesti o discorsi che incitano all’odio e alla violenza pubblicati su pagine e gruppi, oppure questioni relative alla privacy dei suoi ormai oltre 2,6 miliardi di utenti attivi ogni mese, stando agli ultimi dati aggiornati dalla società nei risultati trimestrali dei primi mesi del 2020.
Inoltre, le decisioni prese dai membri dell’Oversight board sull’eliminazione o meno dei contenuti di Facebook e di Instagram non potranno essere modificate da parte della società, e ci sarà l’obbligo di pubblicare ogni sentenza, così che gli utenti possano fare eventualmente ricorso. A garantire l’indipendenza di questo nuovo organo c’è poi la sua stessa struttura, e tutte le operazioni di gestione sono sostenute da un fondo apposito da 130 milioni di dollari che non può essere revocato ed è autonomo rispetto alle finanze del colosso di Menlo Park, precisano le quattro co-presidenti.
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